Giovanni Criscione, La dolceria Bonajuto, Storia della cioccolateria più antica di Sicilia, Palermo, Kalòs edizioni d’arte, 2014, pp. 159.

Càpita spBonajuto - illcopesso al viaggiatore che percorre le vie di Modica di sentirsi avvolgere dall’aroma vellutato di spezie e di cacao che si diffonde dai laboratori, dove i dolcieri lavorano a mano l’impasto del famoso cioccolato. La barretta artigianale, lucida fuori e granulosa dentro, conserva tutto il fascino misterioso ed esotico dei viaggi in terre lontane, dell’epoca in cui conquistadores e missionari importavano i semi di cacao dal Nuovo Mondo. La storia singolare di come la ricetta azteca (lavorazione a freddo del cacao con zucchero e spezie, senza grassi aggiunti) sia arrivata in Sicilia e sia poi sopravvissuta solo in quel di Modica, è ricostruita in un libro di Giovanni Criscione, accanto alla vicenda dei Bonajuto, una delle famiglie più antiche di cioccolatieri ancora in attività.

La dolceria Bonajuto. Storia della cioccolateria più antica di Sicilia”, questo il titolo del libro, intreccia in una narrazione incalzante i fili di una vicenda che si dipana tra un’originale storia di famiglia e d’impresa, una storia del territorio, dell’alimentazione e dei consumi, con particolare attenzione ad alcune filiere produttive oggi scomparse come quella del ghiaccio.

L’autore, storico e giornalista, racconta che ad avviare l’attività dei Bonajuto fu Francesco Ignazio (1798-1854) il quale nel 1820 aprì una aromateria, ubicata nel cuore di Modica, dove vendeva spezie, cannella, vaniglia, ma anche cacao e cioccolato e altri generi coloniali. Poi aprì una caffetteria e chiamò a lavorarvi il figlio Federico (1822-1899). Nella fase pioneristica il ramo principale d’attività fu rappresentato dal commercio della neve.

Raccolta d’inverno sulle vette dei monti iblei e stivata dentro cisterne di roccia che la preservavano ghiacciata fino alla primavera successiva, la neve alimentava una fiorente economia. La sua rarità e volatilità, unite alla varietà d’impieghi (usi alimentari, conservazione e refrigerazione di cibi e bevande, impieghi medici), la rendevano indispensabile e costosa.

Con il sorgere delle prime fabbriche di ghiaccio artificiale, però, i Bonajuto si concentrarono su un ramo fino a quel momento secondario, la produzione e vendita di cioccolato. Dove, peraltro, erano presenti fin dal 1854, anno in cui Francesco Ignazio lasciò per testamento al figlio Federico il “fattojo del ciccolatte”, un frantoio per macinare le fave di cacao.

A Federico successe Francesco (1861-1932), imprenditore moderno, che negli anni della Belle Époque trasformò la piccola fabbrica di cioccolato in un elegante Caffè frequentato da dame e uomini d’affari e perfezionò l’antica ricetta del cioccolato, ottenendo la medaglia d’oro all’Esposizione internazionale agricola-industriale di Roma (1911). Fra i giovani che si formarono nella sua bottega, c’era Carmelo Ruta che, sposando la figlia di Francesco Bonajuto, prese le redini dell’azienda. A lui va il merito di aver mantenuto in vita l’antica produzione artigianale, messa fuori mercato negli anni del dopoguerra dal cioccolato industriale e abbandonata da molti dolcieri.

Nel 1992 Carmelo uscì di scena, per lasciare l’attività al figlio Franco (1943-2016), imprenditore con un passato da fotoreporter ed editore, che può considerarsi l’artefice del rilancio del cioccolato artigianale di Modica. Grazie a lui, Modica è oggi un piccolo distretto del cioccolato, con una quarantina di imprese artigianali, centinaia di addetti e un volume d’affari rilevantissimo, che esportano in tutto il mondo un’eccellenza alimentare del Made in Italy. Il libro è stato insignito nel 2014 del 3° Premio Omi.

In un libro la storia del cioccolato di Modica e della cioccolateria più antica di Sicilia
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